LA NOTTE DI BARNABA - 1^ Parte

Il carretto sobbalzava sul sentiero sassoso, nonostante gli incitamenti la mula se la prendeva comoda. Era notte e Barnaba non aveva alcuna voglia di passarla interamente su quello scomodo carretto per colpa di quella bestiaccia. Continuava a tirare nerbate sul dorso della mula, ad incitarla con la voce, ma lei, placidamente teneva la stessa andatura. Barnaba era esasperato, fra non molto sarebbero giunti all’altezza del cimitero ed avrebbe preferito fare quel tratto veloce come un fulmine. Oltrepassarono la curva e sulla collinetta antistante spiccò, illuminato dai raggi di una lugubre luna giallastra, il cimitero. Barnaba si fece il segno della croce e subissò la mula di nerbate. All’inizio, e con suo grande sollievo, la bestia aumentò l’andatura, ma poi, quando fu sotto al cimitero si fermò di colpo. Barnaba imprecò tra i denti. Scese dal carretto ed intese tirare la mula per le briglie, ma questa non ne voleva sapere. Si guardò attorno. Il silenzio era totale, irreale, angosciante e Barnaba ebbe la sgradevole sensazione di non essere solo. Con gli amici dell’osteria, giù al paese, si vantava di essere coraggioso, ed in effetti lo era davvero, lo aveva dimostrato varie volte. Ma quando si trattava di morti e di cimiteri nel cuore della notte era tutta un’altra cosa, il suo coraggio svaniva come il fumo con il vento. Nessuno lo avrebbe convinto a restare lì un minuto di più. Stavolta però sembrava che la mula volesse mettere il suo coraggio a dura prova, visto che non aveva alcuna intenzione di muoversi da dove era, anzi si era messa a brucare tranquillamente l’erba sul ciglio della strada.
Barnaba stava sudano freddo, non si era mai sentito così attanagliato dalla disperazione. Alzò la testa e con sguardo timoroso sbirciò verso il camposanto. Quel silenzio assoluto era quasi tangibile, se lo sentiva appiccicato addosso come i vestiti nelle giornate afose e questo gli dava disgusto. Cercò di farsi coraggio, si disse che tutte le storie che si sentivano sui cimiteri e sui morti erano frottole per spaventare i bambini ed i creduloni, che non erano vere, che chi è morto è morto e non può far più nulla. Ma più se lo diceva più quelle storie terribili e raccapriccianti gli tornavano in mente. Davanti ai suoi occhi comparivano immagini orribili e minacciose che affioravano dai ricordi di quei racconti che si era bevuto da piccolo, sentiva che il panico si stava impossessando di lui. Guardò di nuovo la mula, ma questa sembrava stare proprio bene dov’era, allora, guidato da una forza maligna, si voltò nuovamente verso il cimitero e fu allora che lo vide.
Non svenne, nemmeno lui seppe perché, ma le gambe gli diventarono di gelatina ed iniziò a tremare come una foglia al vento. Il rumore dei suoi denti che sbattevano l’uno contro l’altro gli sembrò assordante. Era là, accanto ad una tomba, in piedi, avvolto da un mantello nero che la lieve brezza che si era alzata, faceva muovere con esasperante lentezza. La stessa brezza che portò alle narici di Barnaba un insopportabile odore di morte. Barnaba continuava a tremare, ma non riusciva a staccare gli occhi da quella inquietante figura. Gli tornarono alla mente cento racconti orribili ed una frase lo colpì particolarmente rimanendogli scolpita in mente come su una lapide: “ovunque ci sarà odore di morte li troverai in attesa di un pasto”. Barnaba deglutì, non c’erano dubbi quella figura sinistra doveva essere un “mangiatore di cadaveri” uno dei tanti servitori della Nera Signora. Si ricordò, infatti, che proprio quella mattina era stato sepolto un giovane del villaggio che era affogato nel fiume. All’improvviso la figura si mosse ed avanzò verso di lui con passo lento ma deciso. Le gambe di Barnaba adesso erano come fuse con la terra, impossibile muoverle, come impossibile era muovere ogni altro muscolo del suo corpo. Aveva così tanta paura da non riuscire nemmeno ad aprire e chiudere gli occhi, li teneva spalancati esattamente come un morto e la sua bocca era rimasta aperta come se la mascella si fosse staccata. La figura uscì dal recinto del cimitero e silenziosa come un ombra si avvicinò al carretto. Barnaba ne scorse il volto e fu davvero troppo, lanciò un urlo e svenne.
Quando riaprì gli occhi un volto un po’ cupo ma sinceramente preoccupato, lo stava guardando ed una mano forte gli stava tastando il polso. Si alzò sui gomiti e squadrò la figura china su di lui. Era un uomo, non vi era dubbio, anche se la sua carnagione piuttosto pallida lo faceva sembrare davvero uno spettro, ed il suo sorriso sembrava un ghigno diabolico.
- Il mangiatore di cadaveri!!!! – gridò Barnaba schizzando in piedi.
- Il che?!! – domandò l’uomo sconcertato.
La sua voce era calda e profonda ed in certo modo rassicurò Barnaba che, ancora in preda al panico, aggiunse - … il mantello, la tomba .. il cadavere … - L’uomo sorrise ancora, ma stavolta il suo sorriso fu gentile, quasi di scusa - Devo averla spaventata a morte e me ne dolgo sinceramente, ma quando l’ho vista ero troppo contento per pensare che la mia presenza a quest’ora in un cimitero potesse apparire alquanto macabra e spaventosa – fece un lieve inchino - .. lasciate che mi presenti, sono il Dottor Curiel, Daniel Curiel e detengo una cattedra all’università di medicina a Parigi, e questo, in un certo senso spiega la mia presenza qui stanotte – Barnaba lo guardò incredulo
- Dottore?!! – ripeté balbettando – Io … Io ho creduto a tutte quelle storie … Mi vergogno .. sono pure svenuto! .. Vi prego non raccontatelo a nessuno ne andrebbe della mia reputazione! –
Il dottore sorrise benevolo - Facciamo un patto, io non dirò nulla a nessuno della vostra brutta figura se voi mi aiuterete nel lavoro che ero venuto a fare – si fermò – di solito mi aiuta la mia vecchia assistente una donna capace e affidabile, ma in questo viaggio non mi ha potuto accompagnare, quindi ... - lo guardò dritto negli occhi esercitando tutto il suo carisma - .. Che fate allora, ci state? –
Barnaba pensò agli amici dell’osteria, pensò alla sua reputazione in frantumi, a quello che sarebbe diventato se la storia si fosse saputa in giro e decise che accettare di aiutare quello strano individuo, di certo sarebbe stato il male minore.
- Accetto .. – disse con voce decisa - … di che lavoro si tratta? – chiese poi non senza una certa preoccupazione. 

- Vedete – disse il dottore guidandolo verso il cancello del cimitero - .. il mio compito è di curare i vivi perché non divengano morti prima del tempo, per far questo nel migliore dei modi ho bisogno di studiare a fondo il corpo umano di fare esperimenti, quello che mi serve è una cavia che non si lamenti quando dovrò aprirla, sezionarla, cucirla … insomma, chi meglio di un cadavere fresco può servire a questo scopo? –
Barnaba rimase allibito, stupefatto e nauseato
- Volete dire che dovremo disseppellire un cadavere e portarlo via?!!! –
- Esatto! – rispose il dottore porgendogli una vanga - .. Lo so cosa state per dirmi .. Che è un sacrilegio, che è contro l’umana decenza e che la notte i morti che ho profanato verranno a tirarmi le lenzuola e che i mie sogni saranno popolati da incubi e rimorsi. Beh! .. In coscienza posso dirvi che non è il primo cadavere che disseppellisco e che di tutto ciò non mi è mai capitato nulla – sorrise mellifluo - … E poi ricordatevi che abbiamo appena stretto un patto -
Barnaba afferrò la vanga che il dottore gli stava porgendo ma non si diede per vinto
- Mi sento come uno sciacallo, un profanatore di tombe, lo so i miei sogni saranno popolati da incubi spaventosi e … -
Il dottore lo interruppe
- Lo saranno ugualmente se raccontassi in paese del vostro scarso coraggio, sarebbero incubi di diversa natura, ma non vi farebbero dormire ugualmente. Allora vi volete decidere a darci dentro con quella vanga? –
Barnaba cominciò quel disgustoso lavoro. La tomba era quella di Marcel, il giovane affogato, e sepolto quella mattina. Fu un lavoro piuttosto pesante ma alla fine la vanga toccò il legno con un suono sinistro che fece rabbrividire il povero Barnaba. Sulla sua fronte non c’era nemmeno una goccia di sudore, la paura ed il disgusto glielo avevano ghiacciato sul corpo e adesso quel freddo maledetto gli era entrato nelle ossa così come il puzzo nella morte gli era entrato nel naso. Con mosse rapide e sicure, a dimostrazione di una lunga esperienza, il dottore scoperchiò la bara, ed il volto gonfio e tumefatto del giovane Marcel fu crudamente illuminato dalla luce lunare. Per Barnaba fu davvero troppo, s’inginocchiò e dette di stomaco. Il dottore ammirò la sua nuova cavia poi bonariamente disse
- In effetti non è un bello spettacolo .. Ma voi di pelo sullo stomaco non ne avete nemmeno un po’! .. Avanti aiutatemi a tirarlo fuori –
Ma Barnaba era troppo preso con il suo stomaco per dare retta al dottore, stava così male che credette di aver rimesso anche le budella. Solo dopo un po’ di tempo riuscì a riprendere in parte il controllo del proprio corpo e quando si girò la bara era già stata richiusa e poco più in là, un grosso telo bianco, nascondeva il corpo gonfio del giovane.
- Su avanti!! .. ricoprite la fossa – l’apostrofò il dottore in modo sbrigativo.
Pur di non pensare a ciò che aveva appena fatto, Barnaba si mise di buona lena a riempire la fossa ed in breve del loro gesto folle non rimase traccia alcuna. Il dottore era un vero specialista sembrava infatti che nessuno avesse toccato quella tomba, quella considerazione, però, non sollevò Barnaba dai sensi di colpa. Sollevarono il corpo e si avviarono verso il carretto, lo deposero a terra e si guardarono in faccia. Barnaba si sentiva pieno di rabbia e non sapendo come sfogarla non trovò di meglio che prendersela con la mula. La guardò con odio e le sferrò una pedata, la bestia ragliò ma non si mosse più di tanto.
- Perché prendersela con lei, povera bestia – disse il dottore carezzandole il muso - .. Se non fosse stato per lei non vi sareste mai fermato e non mi avreste dato una mano … -
- Appunto!! – lo interruppe asciutto Barnaba - … Avrei preferito cento volte che non si fosse fermata!!! – Il dottore non gli badò e con molta tranquillità mise il cadavere sul carretto e con disinvoltura salì a cassetta. Barnaba lo guardò stralunato, poi divenne furioso
- Ma dove credete di andare con quel disgraziato fardello sul mio carretto?!! .. Scendete immediatamente!!! –
Il dottore lo guardò sorridendo
- Suvvia!! .. Avete fatto trenta, potete fare trentuno … Non vorrete mica che me ne torni a casa a piedi con il nostro amico in spalla? – e così dicendo indicò il cadavere avvolto nel telo bianco
- Nostro amico?!! – sbottò Barnaba - … Sarà amico vostro!! .. –
Poi si zittì, non era certo quello il momento di mettersi a battibecco con il dottore. L’unica cosa che voleva veramente era che tutta quella assurda vicenda volgesse al termine il prima possibile.
- .. E va bene .. – disse salendo a cassetta - … vi accompagnerò a casa, dopodiché ognuno per la sua strada. Non ci siamo mai visti, io non so nemmeno che voi esistete. Né voi né i vostri cadaveri… - guardò la mula con disappunto - … C’è solo un problema, questa bestiaccia non ne vorrà sapere di muoversi e … -
Il dottore fece un cenno con la mano come a dire di stare tranquillo, Barnaba si strinse nelle spalle e ridacchiò tra se pensando con quale delle sue medicine quel “ruba-cadaveri” contava di far muovere l’animale. Fece schioccare le redini senza molta convinzione ma con suo grande stupore la mula si mosse ed iniziò a trottare di buona lena; guardò prima l’animale e poi il dottore ma questi fissava con occhio assente il buio della notte. Barnaba si strinse di nuovo nelle spalle, nessuno dei due sembrava volergli dare una spiegazione e lui si rassegnò, contento solo di essersi lasciato alle spalle quel posto così macabro. Il viaggio verso la casa del dottore non fu lungo, ma si svolse nel più assoluto silenzio, solo quando il carretto si fermò davanti al cancelletto di legno della villetta l’uomo parlò
- Vi ringrazio per il vostro prezioso quanto inaspettato aiuto. Posso offrirvi qualcosa da bere? –
Barnaba scosse decisamente la testa e senza dire nulla spronò la mula. Si era già allontanato quando la voce del dottore lo raggiunse
- E’ stato un piacere conoscervi ci rivedremo presto!!! –
Per tutta risposta Barnaba tirò dritto toccando ferro con le dita.






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