I maestri della morale nelle Favole e nelle Fiabe


Raffigurazione di Esopo
Nella tradizione occidentale la favola si lega indissolubilmente al nome di Esopo, narratore greco vissuto tra il VII e il VI secolo a.C. al quale si deve la nascita di tale genere e l'attribuzione come arte appartenente al genere letterario.
I suoi componimenti favolistici esprimevano allegoricamente il suo personale pensiero sull’essere umano, ponendo l’attenzione sugli animali come specchio riflettente dei pregi e dei difetti dell’uomo, con la presenza di situazioni di vita reale, sfoggiando i temi che vanno dall’astuzia all’inganno, dalla verità alla menzogna, dall’amicizia al tradimento, e così via.


La Lepre e la Tartaruga
Le favole di Esopo sono per lo più brevi ed essenziali a scopo educativo: da esse sono stati tratti anche dei detti che sono ancora oggi di uso comune, come “chi va piano va sano e va lontano” tratto dalla favola “La Lepre e la Tartaruga“, che dimostra, in sintesi, come si può perdere una gara sottovalutando l’avversario.
Nelle brevi storielle che Esopo racconta si ha una premessa o una conclusione moralistica, che spiegano il tema che tratta la favola stessa.
Nelle favole di Esopo la figura dell’animale è una figura allegorica, attraverso la quale veniva raccontata la realtà quotidiana; quindi gli animali erano una sorta di maschera, che umanizzati e dotati di una psicologia fissa esprimevano a piacimento critiche sul mondo politico in cui Esopo stesso viveva.

La gallina dalle uova d'oro
Un tale aveva una bella gallina che gli faceva uova d'oro.
Credendo dunque che all'interno di essa ci fosse una massa d'oro, le tirò il collo, ma trovò che era simile alle altre galline.
Così, per aver sperato di trovare in essa un intero tesoro, restò privo anche del modesto guadagno.
Sia pago ognuno di ciò che ha e fugga lontano dall'insaziabile cupidigia.

La cicala e la formica
La cicala e la formica
Durante l'estate la formica lavorava duramente, mettendosi da parte le provviste per l'inverno. Invece la cicala non faceva altro che cantare tutto il giorno. Poi arrivò l'inverno e la formica ebbe di cui nutrirsi, dato che durante l'estate aveva accumulato molto cibo. La cicala cominciò a sentire i morsi della fame, perciò andò dalla formica a chiederle se potesse darle qualcosa da mangiare. La formica le disse: «io ho lavorato duramente per ottenere
questo e tu che cosa hai fatto durante l'estate?» «Ho cantato» rispose la cicala. La formica esclamò: «Allora adesso balla!»
Morale: chi nulla mai fa, nulla mai ottiene.


Seguitamente fu la volta di un altro scrittore che seguì le stesse orme di Esopo, le cui favole furono create per mettere in risalto alcuni tipici comportamenti umani, ma soprattutto come denuncia sociale in un mondo crudo in cui dominavano i rapporti di forza tra gli uomini.
Raffigurazione di Fedro
A Fedro, scrittore latino che come Esopo era uno schiavo, venne riconosciuto il merito di insegnante per i temi trattati nelle sue favole a sfondo pedagogico, ma soprattutto gli venne attribuito il merito di aver elevato la forma d’arte della favola come genere letterario in versi, che prima con Esopo era rimasta marginale nella cultura del suo tempo.
Tendenzialmente gli animali da lui proposti mostrano i difetti dell’uomo, come ad esempio il Leone che incarna la forza e la prepotenza, la Volpe quale simbolo di astuzia e ipocrisia, il Lupo che manifesta ingordigia, l’Asino caratterizzato dal comportamento di sottomissione o l’Agnello come simbolo del carattere mansueto.
Nei suoi racconti si ritrova l’espressione di un sentimento che alle volte passa dal pubblico al privato e alle volte si intreccia, in altre parole un punto di vista talune volte più oggettivo e altre volte più soggettivo.

 Esopo, Fedro e… tanti animali che somigliano agli uomini

La volpe e la cicogna
Anche nei racconti di Fedro si possono ritrovare frasi celebri come in “La volpe e la cicogna” dove è chiaro il riferimento al detto “chi la fa l’aspetti“, trattandosi di una storia in cui la cicogna offesa per uno scherzo fattole dalla volpe, le riserva lo stesso trattamento.

L’aquila e la Cornacchia
Di carattere ben più politico sono “L’aquila e la Cornacchia“, dove si mostra che non c’è via di fuga dai potenti, se poi si aggiunge un consigliere malefico, va in rovina tutto ciò che forza e perversità attaccano.


Essendo schiavi, sia Esopo che Fedro hanno trovato nelle favole il loro modo per trasporre i propri pensieri dovuti ad una situazione di repressione; mentre le favole di Esopo esprimono più una moralistica concettuale, sia positiva che negativa, quelle di Fedro sembrano quasi voler ispirare una sorta di rassegnazione del debole nei confronti del più forte.

Le favole classiche hanno avuto anche un altro celebre autore, erede di Esopo e Fedro, ovvero Jean De La Fontaine, autore francese del ‘600 le cui favole, espresse in versi poetici, hanno condizionato animatori di ogni tempo.

Il topo di città e il topo di campagna
Giù per il tubo
Per fornire alcuni esempi di come queste favole siano state più volte rielaborate, si possono citare: “Il topo di città e il topo di campagna” scritto in precedenza da Esopo, da Fedro e successivamente rivisitato da La Fontaine, è stato riproposto  recentemente in chiave moderna e umoristica per l’animazione “Giù per il tubo” del 2006 co-prodotto dalla Aardman Animation e dalla Dreamworks; infine “Il gatto e la volpe“, i cui protagonisti sono stati riproposti nel famoso Pinocchio come   figure umanizzate tentatrici e adulatrici.


In contrapposizione agli autori sopra citati ritroviamo i famosi Fratelli Grimm, i quali hanno utilizzato uno schema diverso rispetto alle favole e cioè furono, per la maggiore, compositori di Fiabe, che hanno per tradizione soggetti umani con proprietà fantastiche, come streghe, maghi, orchi, fate e così via.
Il componimento fiabesco, caratterizzato da componimenti brevi e dal celebre incipit  ”C’era una volta..” o “In un lontano regno..”.
Inoltre, sempre al contrario delle favole, le fiabe presentano costantemente le due figure antagoniste del bene e del male ed un immancabile lieto fine, anche se, con il passare del tempo e con la loro costante rielaborazione, molti elementi di crudeltà e/o realistici venivano tralasciati o stravolti.
Oltre a fate e a maghi, o più in generale esseri umani dotati di poteri magici, le fiabe presentano, altresì, personaggi antropomorfi di origine fantastica, ovvero animali che hanno la facoltà di compiere qualsiasi cosa, nonché la capacità di saper parlare e camminare come un essere umano.

A quest’ultimo proposito la fiaba di “Alice nel paese delle meraviglie, scritto da Lewis Carrol nel 1871 e trasportato nella versione animata dalla Disney nel 1951, ne è un ottimo esempio.
Alice e il Bianconiglio

Stregatto
La storia vede come protagonista una bambina che fa il suo incontro con strambi personaggi appartenenti ad ogni tipologia del regno animale e non, i quali, sia nel racconto scritto che nella versione animata, si animano vivacemente assumendo comportamenti che vanno al di la della logica comune, come ad esempio il Bianconiglio, il Gatto del Cheshire o Stregatto, il Brucaliffo, la Lepre Marzolina.

IL Brutto Anatroccolo
Con le opere di Hans Christian Andersen, si arriva al conflitto sociale determinato in modo particolare dall’elemento della diversità. Il tema del “diverso” ha il suo estremo successo ne “Il Brutto Anatroccolo”  e ne “La Sirenetta“, considerate inizialmente come favole dirette unicamente ai bambini, rivalutate successivamente, per i complessi temi trattati, come opere rivolte agli adulti.
In entrambe le storie vengono portate in primo piano i desideri dei protagonisti di ottenere una vita normale; l’antropomorfismo dei personaggi, infatti, è presente in chiave comunicativa per poter esprimere al meglio il desiderio del “diverso” di appartenere ed essere accettato dalla società in cui vive. Non a caso questo tipo di storie vengono narrate a soggetti che hanno difficoltà ad integrarsi poiché diversi dal gruppo, considerando le loro diversità come un fattore che li divide dal resto del mondo.
Attraverso, ad esempio, il trasferimento dei sentimenti umani nel piccolo e brutto anatroccolo, si esprime al meglio la metafora del percorso della vita, ed il concetto che tutte le persone hanno un valore a prescindere dal loro aspetto fisico e da qualsiasi altra diversità.

Circa dieci anni dopo, Disney ripropose il tema dell’accettazione sociale attraverso il celebre personaggio di “Dumbo” (dumb in inglese significa stupido ma anche muto), tratto dal libro per bambini di Helen Aberson e Harold Pearl.

Dumbo che fa la sua entrata nel circo, da notare che in questa scena le orecchie sono legate.

L’elefantino Dumbo è caratterizzato da enormi orecchie per il quale viene preso in giro. Scopre però che tali orecchie gli permetteranno successivamente di volare, esprimendo quindi al meglio il concetto secondo il quale i difetti talune volte si possono rivelare. Oltre a ciò, vi è anche un altro dettaglio da non dimenticare: in genere l’antagonista dell’elefante è rappresentato dalla figura del topo, ma nel caso di Dumbo il suo vero ed unico amico è proprio il topo stesso, sfatando, quindi, in qualche modo il mito delle inimicizie che si possono creare tra razze di animali opposti.


Timmi, Tommi e Gimmi
La fiaba de “I tre Porcellini” affronta, ad esempio, il tema della difficoltà della crescita in ogni suo stadio, incontrando le prime avversità.
La prima versione animata di questa favola risale al 1933, da parte di Walt Disney, il quale seguì perfettamente l’originaria stesura (Fratelli Grimm). Infatti, secondo gli storici dell’animazione, si trattò del primo caso in cui i personaggi dei cartoni animati avevano una propria personalità ben definita, differenziata ed esaltata il più possibile. Le differenti personalità vengono ben rappresentate dalla costruzione delle casette dei tre Porcellini, usando paglia, legno, e cemento che rappresentano i tre stadi della crescita, dove in un primo momento si è più fragili diventando con il tempo sempre più forti e saggi.
Il Lupo



Il successo di questa animazione fu dovuto anche al fatto che gli americani si sentivano rappresentati dai tre Porcellini del film, in quanto, così come loro con il Lupo, essi stavano combattendo contro la Grande Depressione, dalla quale gli Stati Uniti si stavano rialzando




Bambi

Il valore morale della crescita e della famiglia hanno il loro massimo esponente con il racconto dell’austriaco Felix Salten, il quale scrisse nel 1923 la storia “Bambi, una vita nel bosco“, riproposta in versione animata nel 1942 da Walt Disney intitolata semplicemente “Bambi“, il quale divenne sin dagli esordi un cult dell’animazione per i temi di alto contenuto morale.
L’intero film, infatti, è dedicato al tema della famiglia, alla forza di volontà del protagonista nel saper superare le perdite e al saper affrontare le problematiche che si incontrano lungo il cammino della vita.
Tuttavia, ciò che si propone in tale storia sono i sentimenti umani, con un’alta dose di realismo, rendendo, infine, l’intera storia rappresentata da animali molto vicina alla nostra realtà.



Commenti

  1. Troppo belle queste favole, proprio ieri guardavo delle scene de "I tre porcellini" che quando ero piccola era uno dei miei cartoni preferiti! ^_^

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  2. Le favole proprio come dimostri qui hanno sempre da insegnare..anche a noi adulte!!MiriamGirl

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  3. le favole...quelle che leggi da bambina e che ti fanno diventare un po' più saggio da grande...forse mi hanno insegnato qualcosa che neppure la scuola mi avrebbe mai detto!!!!

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