LA CONTESSA DE SUASSON - 1^ PARTE

Ogni mattina Madame De Suasson, dopo aver indugiato pigramente fra le ricche e fruscianti lenzuola del suo letto, decideva di alzarsi per ammirare il panorama dalla finestra sul lato nord della sua stanza. Era una stanza calda ed accogliente, ricca, anzi lussuosa. I toni caldi dell’oro e dell’azzurro carta di zucchero facevano da sfondo al mobilio stile Luigi XV ed il profumo intenso di rose sempre fresche, provenienti dalla serra, invadeva la stanza quasi stordendo. Ed era proprio quel profumo così sensuale a solleticare le narici di Madame De Suasson che si stirava voluttuosamente rapita da quel buongiorno così frizzante e piacevole. Scendeva dal suntuoso letto a baldacchino infilando i piccoli e lisci piedini nelle eleganti pantofole dal tacco a rocchetto e s’infilava la sua vestaglia preferita color cipria con collo e maniche bordate da piume di struzzo. Il solletico che le procuravano le piume sul volto le dava una sensazione eccitante a cui rispondeva con un sorriso malizioso guardandosi nella grande specchiera. Incantata si soffermava ad ammirare la perfezione del suo volto. Si carezzava con le punte delle dita affusolate la nivea pelle, morbida e vellutata e socchiudeva gli occhi per studiare le lunghe ciglia nere atteggiando la bocca a cuore come se avesse voluto baciarsi. Ogni mattina la stessa mimica che finiva con una squillante risatina mentre con un colpo deciso della testa ributtava indietro i folti e luminosi riccioli neri.
Tutte le mattine la finestra le presentava sempre lo stesso scenario, maestoso e severo, coperto da una leggera nebbiolina autunnale che dava
al tutto un che di magico ed irreale. Il castello del conte De Suasson si trovava nella tenuta di Lafleur, considerevoli ettari di terreno per lo più coltivato a vigne. Quello della tenuta De Suasson era uno dei migliori vini della zona di Bordeaux, ed il conte ne andava giustamente fiero. Tra i proprietari terrieri della zona era quello più in vista. Il suo favoloso castello era sempre pieno dei più eminenti rappresentanti dell’aristocrazia francese e del bel mondo. Il conte, o meglio la contessa, era famosa per le sue meravigliose feste alle quali nessuno voleva mancare e dove tutti facevano a gara per sfoggiare il meglio della moda parigina. Ma per quanto le dame si dessero da fare con acconciature e toilettes lei spiccava sempre fra tutte come una rosa in mezzo 
ad un mazzo di margherite, lei, Isabelle De Suasson. Bella, altera, affascinante e maliziosa, intrigante e brillante unico vero perno attorno a cui ruotavano quelle scintillanti feste.
Così ogni mattina, avvolta nella sua pregiata vestaglia, la contessa ammirava la bellezza malinconica del parco e traeva da quello spettacolo la forza e lo spirito per imporre il suo dominio. Si sentiva ribelle e selvaggia come i daini che correvano per i prati.
Era un autunno noioso, con frequenti temporali ed estenuanti pioggerelle che duravano giornate intere, l’inverno si preannunciava freddo e lungo. Il conte De Suasson sembrava sempre e solo interessato all’andamento del clima ed a
come questo influisse sul futuro raccolto delle uve. Seduto nella sua poltrona preferita si gustava il suo cognac davanti al caminetto e con voce lamentosa rendeva soporifera e noiosa ogni conversazione. Ma se la pioggia rendeva felice il conte non si poteva dire altrettanto della sua bella e capricciosa consorte. A causa del tempo le feste si erano diradate. Le strade invase dal fango rendevano difficile la circolazione e raggiungere la tenuta diventava difficoltoso e pericoloso. Senza le sue feste non le restava altro che dedicarsi al ricamo ed alla lettura oppure fare finta di ascoltare il marito che ogni giorno che passava le diventava sempre più insopportabile. Il conte era più vecchio di lei di trent’ anni e mentre la contessa era nello splendore dei suoi vent’anni, piena di voglie e di capricci dopo aver assaporato la mela della vita, il conte stava già assopendosi nell’autunno della vita e nella austera compostezza della clausura di Lafleur. Adorava la moglie e le permetteva di fare quelle sfarzose feste, che lui detestava, solo perché potesse distrarsi e
divertirsi. Il più delle volte dopo aver fatto gli onori di casa, infatti, spariva e nessuno sentiva certo la sua mancanza.
La contessa De Suasson non era sulla bocca di tutte le dame dei salotti bene di Parigi solo per lo sfarzo delle sue feste, ma soprattutto per quello che si vociferava sul suo conto, e che fonti attendibili riferivano sulle sue stravaganti abitudini, come venivano chiamate fra sventagliate significative e sorrisi a mezza bocca. Ogni volta che i conti De Suasson davano una festa accorrevano tutti attratti dall’insaziabile curiosità di sapere chi fosse l’attuale protetto della bella contessa. Ma Isabelle, dal suo piedistallo, faceva e disfaceva e tirava le file senza che nessuno avesse mai il coraggio di criticarla apertamente, anzi era ammirata per il suo carattere e la sua intelligenza. Era così abile a manipolare la gente che riusciva addirittura a farsi compatire sfoggiando un marito che non era alla sua altezza. Ovviamente aveva molte nemiche, ma ciò non la preoccupava affatto, sicura di poter dominare la situazione sempre e comunque. L’unico a non conoscere questo aspetto così inquietante del suo carattere era proprio il povero conte, sempre pronto a consolarla e compiacerla ed a farle da paravento. Era innamorato pazzo di quella “gattina” come la chiamava lui “bisognosa di affetto e di cure e della guida forte di un uomo”. Se avesse saputo di essere lo zimbello di tutte le conversazioni salottiere forse avrebbe guardato la moglie con occhi diversi. Nonostante che il suo nome fosse sulla bocca di tutti era tenuto di conto e rispettato solo per l’innata ipocrisia tipica della gente bene che pensava sempre che da un’azione potesse scaturirne un futuro vantaggio.
Vicino alla tenuta di Lafleur c’era quella di Raien acquistata da poco dal marchese De Rosignac. Isabelle era curiosa di conoscere i nuovi vicini più per alleviare le giornate noiose che per sincero sentimento di buon vicinato.
In una giornata più nebbiosa del solito, mentre il conte leggeva nel suo studio antichi libri di famiglia ed Isabelle faceva un solitario nel salottino rosa, la carrozza dei De Rosignac giunse alla tenuta di Lafleur. Nessuno li attendeva e quindi ci fu una notevole confusione. La servitù, in subbuglio, passava veloce da una stanza all’altra ostentando un’efficienza fin troppo eccessiva e la contessa, emozionata come una bambina, si aggiustava i riccioli davanti allo specchio e si ritoccava le guance e le labbra nell’attesa che le venissero ad annunciare la visita.
Il conte De Suasson fu gentile ed amabile e con grande cordialità introdusse il marchese De Rosignac, con il suo accompagnatore, nella grande sala ducale. Era una sala formale e ricca di mobilio scuro ed elegante ravvivata da stemmi e trofei e dalle ricche tende di broccato dorato. Le poltrone, in tono con le tende, erano comode ed ampie e l’elaborato camino in marmo faceva bella mostra di sé proiettando la sua calda luce in tutta la stanza e rendendola incredibilmente accogliente. Il conte fece accomodare gli ospiti e mandò a chiamare la contessa. Isabelle cominciava a spazientirsi per quell’attesa. Camminava per la stanza più agitata che mai e quando sentì bussare il cuore le balzò in gola. Rapidamente si diede un’ultima occhiata allo specchio e ciò che vide la compiacque molto. Si sentiva stupidamente emozionata, come se quell’incontro avesse significato per lei moltissimo. Mentre scendeva l’imponente scalinata si domandava che aspetto avrebbe avuto il marchese De Rosignac, lo immaginò alto e robusto con folti baffi grigi in stile prussiano, cordiale ed allegro. Sperò che fosse un uomo capace di tenere allegra ed interessante una conversazione salottiera. Rallentò l’andatura e studiando accuratamente le sue mosse arrivò finalmente alla porta della sala. Fece il suo ingresso come se fosse stata la regina di Francia alla corte di Versailles. Il marchese vedendola scattò in piedi, imitato dal suo accompagnatore. Per Isabelle, che già si era creata un suo quadro della situazione, fu una grossa sorpresa. Nulla, dal suo volto, lasciò trapelare lo stupore, con un perfetto inchino porse la mano al marchese regalando ai presenti uno dei sui più luminosi sorrisi.
Il marchese non era affatto come se lo era immaginato. Era alto ma tutt’altro che robusto, dimostrava più anni di quelli che avesse ed al posto dei baffi alla prussiana portava un pizzetto grigio e ben curato. Tutto lo stupore di Isabelle, però, non fu per l’aspetto anonimo del marchese bensì per quello del suo accompagnatore. Era un giovanotto sui vent’anni, forse appena più grande di lei, dalla capigliatura corta e ribelle che gli incorniciava un volto volitivo e molto attraente nel quale spiccavano vivi ed irrequieti due splendidi occhi verdi ed una bocca molto sensuale. Isabelle lo definì bellissimo. Gli sguardi dei due giovani s’incrociarono per un attimo in modo decisamente sconveniente e per Isabelle fu amore a prima vista. Dire che Isabelle amasse qualcuno che non fosse lei stessa non era corretto. Per lei l’amore era solo un susseguirsi interminabile di capricci da soddisfare ed il giovane che le stava davanti sarebbe presto diventato un altro dei suoi capricci. La conversazione si svolse piatta e monotona e lei, intervenendo sporadicamente, stava già fantasticando sul giovane Lucien Rosten il maestro d’armi del piccolo marchese De Rosignac. Con una punta di spavalda sfacciataggine la contessa guardava non di rado il giovane Lucien il quale, per niente imbarazzato, ricambiava quegli sguardi. Il luccichio negli occhi del giovane valse, per Isabelle, più di un intero discorso. Nel suo intimo sapeva che ormai lui era suo e che niente e nessuno avrebbe potuto portarglielo via. La sua esperienza le diceva che presto lui si sarebbe rifatto vivo, doveva solo aspettare, come un ragno paziente, che la preda venisse ad offrirsi spontaneamente al suo carnefice.
La visita finì ed il marchese si congedò, durante gli ultimi saluti il giovane maestro d’armi prese la mano della contessa per baciarla. Come il galateo imponeva, non toccò la pelle con le labbra, ma la trattenne più del dovuto, ed alzando gli occhi incontrò lo sguardo languido di Isabelle. Per i due giovani quella fu una promessa che entrambi, sapevano, non avrebbero disatteso.
Il resto della serata la contessa fu allegra e spiritosa ed anche il marito “quello stupido cimelio” come lo definiva sovente, le parve meno noioso e grigio. Il conte imputò quella improvvisa euforia al fatto che adesso non sarebbe più stata sola perché la giovane marchesa De Rosignac le avrebbe tenuto compagnia e fu felice che la sua “gattina” apprezzasse la vicinanza dei De Rosignac.
Passò una settimana, durante la quale Isabelle acquistò in bellezza. Aveva ordinato nuovi abiti e toilettes e nel castello era un continuo va e vieni di cameriere e sarti pronti ad esaudire ogni suo capriccio. La settimana appena trascorsa era stata fredda e piovosa, ma quella nuova si annunciava inaspettatamente più mite, quasi primaverile. Il primo giorno di sole isabelle decise di uscire a cavallo. Solo quando fu in sella alla sua puledra araba si sentì veramente la padrona incontrastata di Lafleur. L’aria frizzante le sferzava le guance rendendole colorite ed il vento le scompigliava i capelli accuratamente acconciati. Il contatto con quella natura incontaminata le fece bene, si sentì come svuotata dalle cose brutte che l’avevano oppressa in quei giorni di attesa. Una nuova Isabelle affiorava sempre più decisa ad ogni galoppo. Fece una lunga tirata e quasi senza accorgersene giunse al confine con la tenuta di Raien. Scese da cavallo e contravvenendo ad ogni regola si sedè sul prato umido. Il suo sguardo si perse nel vuoto mentre cercava di assorbire da quel verde una forza invisibile, la sua forza, la forza dell’invidiata contessa Isabelle De Suasson. Neanche il rumore di passi alle sue spalle la distolse da quella totale contemplazione. Non si voltò nemmeno, sapeva che Lucien Rosten la stava ammirando.
- Buon giorno mounsier Rosten – disse cogliendo un anemone selvatico
Il giovane rimase per un attimo senza parole, immobile. Lei si alzò e si scosse l’abito
- Vi domanderete come abbia fatto a riconoscervi? –
non ottenne risposta e sorrise compiaciuta, si voltò lentamente piantando i suoi meravigliosi occhi azzurri in quelli del giovane
- E’ stata una sensazione, mi sentivo che oggi vi avrei incontrato –
Lucien si riprese sorridendo
- E’ strano – rispose - … Anch’io ho avuto la stessa sensazione –
- Vedete – disse Isabelle avvicinandosi alla puledra che stava brucando - … Siamo legati da un filo invisibile.. – lo guardò tra le ciglia - … I nostri pensieri intendo … -
- Una splendida giornata, non trovate? … Dopo tanto piovere – disse Luicien spaziando nel cielo con lo sguardo
- Magnifica – aggiunse Isabelle - … Vi prego .. Aiutatemi a rimontare a cavallo” -
Il giovane le fece scaletta con le mani e nel darle la spinta le sfiorò la caviglia. Isabelle si chinò su di lui e poggiandogli il frustino sotto il mento lo guardò direttamente negli occhi
- Non volete seguirmi mounsier Rosten? –
La sua frase fu seguita da una risata leggera e frizzante, poi spronò la puledra e partì al galoppo. Lucien fu colto alla sprovvista, quella donna era davvero unica. Saltò in groppa al suo cavallo e la seguì. Durante la corsa i pensieri del giovane vagavano verso un'unica meta. Isabelle. Una donna fantastica, magnifica, sensuale, conturbante e volitiva. Al giovane non era sfuggito quell’alone di trasgressione che avvolgeva la contessa, era certo che qualsiasi cosa avesse desiderato l’avrebbe ottenuta. In quella lunga settimana non aveva passato giorno senza pensare a lei logorandosi nell’attesa di un nuovo incontro. Le era bastato uno sguardo perché lui cadesse ai suoi piedi. L’idea di essere vittima del fascino di quella donna misteriosa lo emozionava in modo violento. Era sempre stato lui a scegliere le sue amanti, ma stavolta era stato scelto e questo aveva qualcosa di torbido e proibito che lo intrigava moltissimo. La galoppata si concluse allo stagno. Quando Lucien arrivò Isabelle stava carezzando la sua puledra.
-  Aiutatemi a scendere mousier Rosten – la sua voce era dolce e suadente
- Vi prendete gioco di me? – disse il giovane fingendosi corrucciato
- Cosa ve lo fa pensare? - rispose lei sorridendo radiosa
Lucien la prese per la vita e l’aiutò a scendere. Nel farlo sentì le mani farsi umide e la gola bruciargli. Aveva finalmente tra le braccia quel corpo flessuoso e leggiadro. Alzò gli occhi sul volto di lei. Le guance rosse i capelli scompigliati dal vento e la bocca socchiusa come se quella corsa avesse sfiancato lei e non la puledra. Sentì il profumo dell’essenza di rosa che la sua pelle emanava e senza riuscire a controllarsi la strinse a sé.
- Suvvia mounsier Rosten … Ma che fate? – domandò Isabelle fingendosi offesa.
Oppose una certa resistenza indignata e quel gioco piacque molto al giovane che avvicinò il volto a quello di lei. Isabelle, mostrandosi scontrosa, rovesciò leggermente la testa all’indietro. Lucien aveva avvicinato le labbra a quel collo bianco e flessuoso e l’inteso profumo di rosa gli fece girare la testa. Adesso le sue labbra cercavano avidamente quella pelle diafana ed invitante, Isabelle sentiva i morbidi capelli del giovane carezzarla. La foga di Lucien aumentò e si placò solo quando incontrò le morbide labbra della contessa. Fu così che iniziò la tempestosa relazione fra Lucien e la contessa De Suasson.




Commenti

  1. Le doti letterarie della nostra Lollo le conosciamo, perciò vorrei porre l'attenzione sui disegni che accompagnano i racconti, sempre opera della nostra cara, inesauribile Lollo :D

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