LA NOTTE DI BARNABA - 2^ Parte

Non fu una buona notte per il povero Barnaba. Non riuscì a chiudere occhio perseguitato dalla faccia gonfia del giovane Marcel e quando riusciva ad a appisolarsi terribili incubi popolavano il suo breve sonno costringendolo a destarsi. Il mattino dopo era un vero straccio. Aveva una faccia pallida e stravolta, due occhiaie nere e profonde da far paura ed una stanchezza che non gli permetteva di reggersi in piedi. Si guardò allo specchio con orrore e decise che la cura migliore fosse quella di bersi un goccetto e fu così che cominciò con un bicchierino arrivando in meno di due ore al fondo di quella che sarebbe stata la prima bottiglia della giornata. In paese nessuno lo vide per tutto il giorno. Barnaba, infatti, completamente ubriaco girava per la campagna continuando a scolarsi bottiglie di vino. Fu così che, completamente brillo, mentre ammirava disgustato l’acqua del fiume, mise un piede in fallo e vi cadde dentro a faccia in giù. Non trascorse nemmeno un minuto che uno dei suoi amici, passando di lì per caso, lo scorse e si precipitò a tirarlo fuori. Fece di tutto per rianimarlo ma Barnaba sembrava non dare più segni di vita. L’amico lo trascinò in paese, dove il vecchio medico diagnosticò la sua morte per annegamento. Fu così che, nel giro di poco più di ventiquattro ore il paese si mise di nuovo in lutto. Qualcuno disse che una maledizione era scesa sul villaggio e molti gli credettero. 
Barnaba fece il suo ultimo viaggio verso quella collinetta che la notte prima aveva popolato i suoi incubi, accompagnato dal cordoglio di tutto il paese. Tutti lo conoscevano e gli erano affezionati, aveva sempre aiutato tutti e fatto favori a chiunque glielo chiedesse, e forse ad una persona di troppo. Il suo unico difetto, tutti lo sapevano, era il suo incrollabile orgoglio, che alla fine lo aveva portato alla morte. 
Fu tumulato accanto alla tomba di Marcel, la stessa morte li accumunava, era giusto stessero vicino. 
Era ormai notte fonda, sul cimitero immerso nel buio e nel silenzio una lieve brezza accarezzava i bossi e le croci senza riuscire a far piegare gli alti ed austeri cipressi. Le lapidi, sotto la luce della luna, sembravano tanti soldati impettiti, un piccolo esercito silenzioso. 
Barnaba non era in grado di dire quanto tempo fosse passato da quando era caduto nel fiume, una cosa però era certa, doveva ancora essere ubriaco, perché il suo sogno era uno dei peggiori che avesse mai fatto: sepolto vivo dentro una bara sotto due metri di terra. Sicuramente era anche il più reale che avesse mai fatto perché il legno di quella maledetta cassa era incredibilmente duro e l’odore di terra incredibilmente forte. Decise di svegliarsi. Scosse la testa e si pizzicò una mano, riaprì gli occhi pronto a respirare a pieni polmoni. Non successe. Le pareti della bara non erano svanite e l’aria era poca ed irrespirabile. Non aveva sognato, non stava sognando e soprattutto non era ubriaco. Qualcuno lo aveva davvero sepolto vivo. L’orrore che provò fu indicibile, era come star seduti in salotto con la morte che ti offriva il tè. La consapevolezza che di li a poco sarebbe realmente morto, e di una morte orrenda, lo fece impazzire. Iniziò a gridare ed agitarsi ottenendo solo di consumare più rapidamente la poca aria ancora a disposizione. Il legno scricchiolava sotto i suoi calci e sembrava ridere di lui. Non riusciva a rassegnarsi, non poteva morire così stupidamente, lui era vivo, voleva vivere. Tempestò il coperchio di pugni ma senza ottenere nulla. L’aria era ormai del tutto irrespirabile ed un principio di soffocamento lo prese alla gola. Spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi. Di tutte le morti gli era capitata la più orribile. Iniziò a piangere mentre un vago senso di leggerezza lo stava cogliendo come una vertigine, gli sembrava che il suo corpo non pesasse più nulla, che quasi fluttuasse, poi udì un forte scossone, poi un altro, sentì lo scricchiolio del legno che si spezzava e finalmente i suoi occhi dilatati rividero la luna. Schizzò a sedere nella bara come una molla e con la bocca spalancata cercò di respirare tutta l’aria possibile. I polmoni e la gola gli bruciavano e la testa gli girava, ma era fuori, era vivo. Accanto alla bara scoperchiata, seduto per terra ed ancora scioccato, se ne stava il dottor Curiel. Non era certo questo che si era aspettato di trovare aprendo la sua ennesima bara. La sua sorpresa era stata doppia. Primo nello scoprire che il suo nuovo morto non era affatto morto e secondo perchè il supposto cadavere era da lui ben conosciuto. Non gridò, sarebbe stato del tutto normale in fondo, la sorpresa e la paura erano state così grandi da avergli tolto l’uso della parola. Si limitò a rimanere seduto a terra, sapeva che le gambe non lo avrebbero sorretto. Entrambi attesero il tempo necessario per riprendersi poi si scambiarono un’eloquente occhiata. 
- Voi?!! … Ma .. Ma com’è possibile? – balbettò il dottore indicando il redivivo. 
- Già!! .. – fece eco lui ancora incredulo di essere tornato nel mondo dei vivi – Proprio io!!! – 
- … Ma come diavolo? .. – attaccò il dottore ancora con il cuore in gola 
Ma Barnaba scosse la testa. Non lo sapeva e non voleva saperlo, l’unica cosa che adesso gli importava era che tutto fosse finito e che potesse ancora respirare, fosse anche l’aria fetida del cimitero. Uscì barcollando dalla bara e la guardò con ribrezzo e orrore, poi guardò il dottore, che ancora abbastanza frastornato, si stava spolverando il mantello. 
- Mi aiuti a rimettere tutto come stava – 
disse deciso e rimboccandosi le maniche del suo abito della domenica 
- Ma come? – domandò Curiel - .. Non volete far sapere a tutto il paese che siete ancora vivo? – 
- No! – rispose Barnaba mentre gettava grandi badilate di terra sul coperchio della bara – .. Me ne andrò da questo stupido villaggio dove il medico non sa distinguere un morto da un vivo .. Mi domando quanti poveri disgraziati avrà fatto seppellire vivi .. – Lo guardò deciso - .. Diventerò il vostro fedele assistente, la vecchia signora avrà bisogno di riposarsi dopo tanti anni di onorato servizio non crede? .. Dividerò con lei fama e ricchezza .. – 
Il dottore lo guardò stupito mentre con forza rimetteva la croce di legno al suo posto dandovi sopra vigorose botte con la pala 
- Cosa vi fa pensare che vi voglia come mio assistente? – 
- Niente – disse Barnaba guardando soddisfatto il suo lavoro - .. Ma suppongo che non vorrete si sappia in giro che il più famoso medico di Parigi deve la sua più che meritata fama al furto sacrilego di cadaveri dai vari cimiteri di provincia – 
Curiel lo guardò, poi scoppiò a ridere 
- E’ vero – disse - che figura ci farei? – 
Si strinsero la mano e si avviarono verso l’uscita del cimitero. 
- Dovremo farcela a piedi – disse Barnaba grattandosi la testa 
- Non credo – rispose il dottore 
Sul sentiero ai piedi del cimitero, proprio davanti al cancello, c’era la mula di Barnaba con il carretto che tranquillamente brucava l’erba sul ciglio della strada. 
- E questa? – 
Sbottò Barnaba , ricordandosi che la sera prima era stato così sconvolto da non pensare nemmeno a staccare la bestia dal carretto 
- Non saprei proprio.. quando sono arrivato non c’era – disse il dottore - .. Comunque il viaggio da qui a Parigi è lungo, credo che ci farà comodo – 
Salirono a cassetta ed al primo colpo di redini la vecchia mula iniziò a trotterellare con brio. Barnaba si voltò verso il cimitero che stava scomparendo dietro la curva e le croci illuminate dalla luna piena sembravano salutarlo come amici dopo una goliardata un po’ eccessiva. Barnaba sorrise, avevano ragione a ridere di lui, gli avevano combinato un bello scherzetto. Si rese conto che adesso la sua avversione per i cimiteri ed i morti era scomparsa, forse rimasta sepolta nella bara al posto suo. Ripensò a quello che era successo la sera prima alla strana coincidenza che l’aveva portato a conoscere il dottor Curiel. Ma era stata davvero una strana coincidenza? Lo guardò con la coda dell’occhio, forse quell’uomo era in realtà un demone? In verità non avrebbe saputo dirlo. La storia era piena di menti brillanti tacciate di stregoneria e di pratiche demoniache da persone ignoranti e piene di pregiudizi e chi era lui per dare un giudizio in tal senso? Nessuno. Era certo l’ultima ruota del carro. Da buon contadino credeva solo a ciò che vedeva ed in Curiel lui vedeva solo il suo salvatore. Adesso il lavoro di quell’originale dottore non gli pareva più tanto macabro e sconveniente, se non fosse stato per lui sarebbe morto di certo. Pensò, che grazie agli studi di uomini come Curiel, molta gente non avrebbe più fatto la fine orribile che stava per fare lui grazie all’incompetenza di un vecchio medico ignorante. Il fine giustificava i mezzi? Non lo sapeva, il suo giudizio era certo di parte, ma sentiva che stava per entrare a far parte di una cosa importante, che stava per entrare in una nuova era. L’era della medicina moderna. E lo stava facendo accompagnato da una vecchia mula che forse ne sapeva più di tutti loro messi assieme. 

FINE




Commenti

  1. Grande Lollo!!! mi piace questa nuova vena creativa... :D

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  2. finalmente la seconda parte...brava lollobella ^_^

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  3. Mi piace sempre quando scrivi qualche cosa di nuovo ma questa mi ha proprio catturata!!

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