ONORE DI LADRO (1^ parte)

I lampioni della strada erano come boli lattiginosi la loro luce non arrivava quasi a produrre ombra, era colpa della nebbia, implacabile compagna del calar del sole. Londra è famosa per la nebbia, ma quella del East-End è una nebbia particolare, una nebbia che non è fenomeno atmosferico ma una condizione di vita. I bravi cittadini londinesi consideravano questa parte della città come una zona di frontiera, una zona al di sopra delle leggi fisiche e morali, qui non vedevi girare i soliti gendarmi impiccati nelle loro uniformi inamidate, se c’erano, e ce n’erano pochi, si guardavano bene dal farsi vedere o dall’intervenire visto che dovevano girare armati solo dei loro manganelli e dei loro fischietti, ben poca cosa in confronto all’arsenale che circolava per quelle strade, e questi sono paraggi dove non è salutare mettere bocca nei fatti altrui senza avere un’arma anche e soprattutto se sei un tutore della legge. L’insegna della taverna era semidistrutta, non si poteva dire che fosse la taverna più malfamata della zona ma una delle tante malfamate taverne, c’era solo l’imbarazzo della scelta. Il Red Fox era un ricettacolo d’immondizia di ogni specie, ed era anche l’unico posto dove Oliver potesse bere senza pagare uno scellino visto che aveva avuto la fortuna di salvare la pelle al proprietario il quale, stranamente, gli era rimasto riconoscente. Quella sera non era girata bene per Oliver, si era giocato tutto il frutto del suo ultimo furto al tavolo da poker e l’aveva perso, aveva rischiato di ritrovarsi con un occhiello nella pancia e cosa più importante era al verde più completo. Oliver non era un cattivo ragazzo, non aveva mai ucciso nessuno, ma nel East-End per vivere bisogna saper fare di tutto e “tutto” comprendeva sia i lavori legali che una vasta gamma di quelli illegali e lui era molto abile con le serrature e molto agile nello scalare pareti. 
Erano ormai le tre del mattino quando Oliver uscì dalla taverna completamente solo, senza nemmeno la compagnia degli spiccioli che gli ballavano in tasca. L’aria era insopportabilmente umida, si tirò su il bavero sdrucito della giacca e si calò il cappello sugli occhi, poi guardandosi attorno come un animale braccato, s’infilò le mani in tasca e scantonò in un vicoletto buio e puzzolente. Il silenzio attorno era totale, tanto che Oliver poté sentire un rumore di passi avvicinarsi. Si voltò ma non vide nessuno, il rumore si faceva sempre più vicino e Oliver si rese conto che non erano i passi di una sola persona ma di più di una. Una sana dottrina, da quelle parti, era quella di evitare stani incontri, così Oliver decise di accomiatarsi da quella sospetta ed invisibile compagnia. Improvvisamente svoltò in una stradina e si mise a correre come un pazzo. Il rimbombo dei suoi passi non gli permetteva di capire se lo stavano ancora inseguendo o no, e troppo tardi si rese conto di essersi tradito e forse messo in trappola da solo, la paura gli aveva fatto la cosa sbagliata. Corse fino a quando il fiato glielo permise poi si fermò per riordinare le idee. Si appoggiò al muro di una casa con le mani sui ginocchi per riprendere fiato ed al tempo stesso per tendere l’orecchie. Sentì solo silenzio, degli inseguitori non c’era traccia. Tirò un sospiro di sollievo e si dette dello stupido, forse aveva corso per nulla. Si guardò attorno, un forte odore di salmastro e pesce andato a male lo investì all’improvviso era vicino al porto. Si tirò di nuovo su il bavero della giacca e riprese a camminare, non fece che pochi passi che un pugno duro come la roccia lo colpì alla bocca dello stomaco. Non riuscì ad emettere nemmeno un gemito, si afflosciò al suolo come una marionetta senza fili. Vedeva il buio con tante piccole lucine gialle che gli danzavano davanti agli occhi, stentò a riprendere fiato, ma prima che potesse realizzare cosa fosse accaduto un calcio al costato lo fece volare in mezzo ad un mucchio di cassette piene di pesce marcescente. Il dolore lo trapassò come una lancia cercò di aprire gli occhi ma una mano lo agguantò per il bavero e lo tirò su come un burattino. Tentò di mettere a fuoco e nella nebbia del dolore vide tre tizi, tutti alti e ben piantati. Intendiamoci, non che Oliver fosse uno scricciolo, tutt’altro, ma tre di quella stazza erano troppi anche per lui, senza contare che l’avevano già messo fuori combattimento prima che avesse avuto il tempo di battere ciglio. Il più grosso dei tre gli diede una tale scrollata che Oliver credette gli si staccasse la testa dal collo. 
- Ecco il fringuello Spike! Credeva di averci fatti fessi eh? – 
Quello chiamato Spike pestò un piede al colosso 
- Non chiamarmi per nome scemo!!! – 
- Oh! .. scusa Sp… - 
Ma l’occhiata glaciale di Spike lo bloccò in tempo. Il terzo si fece avanti e strinse il mento di Oliver fra l’indice ed il pollice scuotendolo a destra ed a sinistra. 
- Ronny non vuole essere preso in giro. Dice che stasera hai barato al tavolo da poker … - 
Oliver aveva un dono, che il più delle volte l’aveva cacciato nei guai, aveva uno spiccato senso dell’umorismo, e davanti a quell’accusa, nonostante fosse tutto un dolore, trovò la forza di ridere. 
- Ridi eh? .. Non mi sembri molto intelligente … - riprese il terzo.
Oliver respirò profondamente e quasi urlò dal dolore 
- A me sembra sia Ronny a non essere intelligente – ma quando il colosso rafforzò la stretta guardandolo male si affrettò ad aggiungere - … Senza offesa s’intende .. Voglio dire, anche se avessi barato, ho perso tutto, di cosa si lamenta .. Infondo ha barato meglio di me!! – 
Non fu una battuta felice, quello chiamato Spike scattò in avanti come una molla e lo colpì in piena faccia con un gancio micidiale 
- Imbecille!!! - ringhiò - … Ronny non bara mai!! – 
E per sottolineare quell’affermazione gli scaricò addosso una cascata di colpi che forse l’avrebbero ammazzato se un’auto passando, ed illuminando la scena con i fari, non avesse messo in fuga i tre balordi. 
Cosa fosse successo dopo Oliver sono sapeva dirlo, sapeva solo di essersi svegliato su di un morbido letto in un elegante appartamento, con un panno umido e fresco sulla fronte. Si sentiva a pezzi, un vero straccio, ma trovò la forza di appoggiarsi sui gomiti per guardarsi attorno. La stanza era veramente elegante e sicuramente piena di oggetti di valore l’abat-jour, in vetro di Murano, era coperta da una salvietta blu e la luce che si diffondeva era poca ma riposante. Dopo aver spaziato per la stanza con lo sguardo, l’occhio destro gli faceva un male del diavolo, Oliver si rese conto di non avere più indosso i suoi abiti per il semplice fatto che li vide appoggiati su di una poltrona. Si guardò e si accorse di indossare uno costoso ed elegante pigiama di pura seta color cremisi. Oliver era rozzo, ma la roba buona la sapeva riconoscere al volo, gli era essenziale per il suo lavoro. Spinto dalla sua inoccultabile professionalità cominciò a studiare con occhio critico i vari suppellettili della stanza ed a farne una stima approssimativa, il suo lavoro fu interrotto dal rumore di voci che si stavano avvicinando. Ricoprì l’abat-jour, che aveva scoperto per vederci meglio, si ributtò giù rimettendosi il panno umido sulla fronte e chiuse gli occhi fingendo di dormire. Di lì a poco la porta si aprì ed entrarono due persone, Oliver cercò di sbirciare ma la luce era poca e non voleva far capire di essere sveglio. Una delle due persone poggiò qualcosa sul letto e l’altra gli rivolse la parola 
- Allora Edgar come sta? Quando si riprenderà? – 
Aveva una stana voce, forse un po’ in falsetto. Il dottore gli prese il polso 
- Strano, avrebbe già dovuto riprendersi, a vederlo sembra un ragazzo sano e robusto, è anche vero che ha subito un brutto pestaggio e se ancora non si è ripreso è comprensibile – 
Trafficò nella valigetta e con calma preparò una siringa. L’altro riattaccò 
- Cosa gli inietti Edgar? – 
- Un ricostituente dovrebbe aiutarlo a riprendersi più in fretta – 
Oliver aveva sempre odiato le iniezioni, avrebbe preferito schizzare via da quel letto ma non sarebbe stata una buona tattica, preferì affrontare quel supplizio stoicamente pur di non rivelare al suo fortuito salvatore che stava già bene. Il dottore si sciacquò le mani nel lavamani in porcellana che era nella stanza, riprese la valigetta ed accompagnato dall’altro uscì. Oliver attese di sentire i passi allontanarsi poi riaprì gli occhi, il punto dove l’ago era entrato gli faceva un male cane, la sola vista di un ago lo gettava nel panico era stato un bene che la penombra della stanza gli avesse impedito di vederlo. Si mise seduto poi lentamente fece scivolare le gambe giù dal letto ed attese un po’ per sentirsi più stabile, si appoggiò al comodino e si tirò su. Per un attimo gli parve tutto a posto, poi gli orecchi iniziarono a fischiargli e la stanza a girargli attorno come una giostra, vide tante lucine che danzavano davanti ai suoi occhi, poi cadde giù come un sacco di patate trascinando a terra la costosa abat-jour in vetro di Murano che si frantumò con un rumore assordante. Nel giro di pochi minuti il dottore e l’ospite furono di nuovo nella stanza e lo rimisero sul letto. Il medico gli fece annusare dei sali e Oliver fu costretto a svegliarsi. 
- Come sta? – gli chiese cortesemente il dottore 
- Già come si sente? – incalzò l’altro 
Oliver sbatté le palpebre un paio di volte arrabbiato con se stesso per essersi fatto sfuggire così una buona occasione. Aveva la bocca impastata e si sentiva intontito come dopo una sbronza molesta. 
- Sto .. Sto bene grazie .. Ma dove.. Dove sono? – 
L’ospite si fece avanti 
- E’ casa mia – rispose compiaciuto - … Vi ho trovato in mezzo alla strada in pessime condizioni e mi sono detto: non posso lasciare qui questo povero giovane … - 
Il dottore s’intromise 
- Come avete fatto a ridurvi così? – 
Oliver li guardò un attimo stranito 
- Volevano … Si volevano derubarmi e credo … Credo ci siano riusciti – 
- Che tempi!!! … Che gente!!! .. – esclamò l’ospite congiungendo le mani come se stesse pregando. 
- Derubarvi eh? – disse il dottore scettico - .. Sarà, non sta a me giudicare. Se tu Horace ti fidi mi fiderò anch’io – 
- Si capisce che mi fido!! – rispose l’altro stizzito, poi rivolgendosi ad Oliver addolcì il tono della voce 
- Non gli badate mio povero ragazzo, è un tipo un po’ burbero ma di gran cuore, senza contare che è un gran medico e vi guarirà in breve tempo. Vero Edgar? – 
Così dicendo gli mise una mano sulla spalla. Il dottore annuì distrattamente e si congedò. Oliver rimase solo con l’ospite e lo studiò con attenzione. I modi di fare, la voce e l’abbigliamento gli suggerivano di essere davanti ad una specie di dandy di mezza età. Aveva capelli mossi e brizzolati tenuti con estrema cura, una manicure impeccabile e portava al mignolo un grosso anello d’oro, senza contare la malcelata stravaganza del suo costosissimo abbigliamento. La luce chiara della stanza rivelò ad Oliver che sulla faccia portava del fondotinta per far apparire la pelle giù liscia e giovane di quello che fosse, sembrava che su di lui la barba non attecchisse. L’ospite gli regalò un sorriso a trentadue denti che Oliver ricambiò con una smorfia di dolore e preoccupazione. 
- Sono .. sono molto stanco gradirei riposarmi - 
- Ma certamente mio caro … - Gorgheggiò con voce eccessivamente alta – Non preoccupatevi per l’abat-jour … la farò portare via dalla servitù. Se avrete bisogno non dovrete fare altro che suonare il campanello – 
Nell’uscire spense la luce e lo salutò con un gesto un po’ troppo vezzoso per i suoi gusti. 
Oliver non era il tipo da perdersi d’animo, ma stavolta gli aveva proprio detto male: prima il poker, poi il pestaggio e adesso era in balia di un dandy con strane e dichiarate tendenze e non era nemmeno al meglio della sua forma fisica. Di una cosa però era certo, dolore o meno, se quel tizio avesse cercato di mettergli le mani addosso avrebbe tirato giù la casa. Oliver era il tipo da vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e se da una parte gli aveva detto male dall’altra aveva trovato il paradiso. Quella casa era piena di cose di valore e lui aveva intenzione di lasciarla al più presto alleggerendola di parecchi preziosi gingilli. Si sdraiò sul letto cercando di mettere a punto il suo piccolo piano criminoso e così il tempo trascorse senza che se ne accorgesse. Improvvisamente i suoi pensieri furono interrotti da delle voci alterate che venivano dal piano inferiore. Oliver era curioso per natura e decise che forse ascoltare quell’alterco poteva tornagli utile. Scese dal letto e con cautela si mise in piedi, stavolta ci rimase, arrivò alla porta e l’aprì piano. Guardò lungo il corridoio e sorrise, c’era davvero ogni ben di Dio. Nessuno si affacciò o si fece vivo, allora uscì e si avventurò sulla soffice guida che lo percorreva per tutta la lunghezza fino ad un elegante ballatoio. Si appostò dietro una opulenta colonna in marmo e spiò cosa stesse accadendo nel salone sottostante. 


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